Raramente si sente discutere di bilanci pubblici a livello di consuntivo, come per esempio per i bilanci delle imprese (la società x ha aumentato il fatturato, ha diminuito gli utili, etc.). Quello che appassiona il dibattito pubblico sono i bilanci pubblici preventivi (Legge di Stabilità) che sono approvati per legge ed a cui si dedicano i 23 parlamenti nazionali e regionali nell’ultima parte dell’anno.
A differenza dei bilanci delle imprese, i bilanci pubblici sono fatti di entrate ed uscite e, fino a non molto tempo fa, l’importante era che il totale delle uscite previste fosse pari a quello delle entrate previste. Se poi le entrate erano strutturali e definitive, come ad esempio le tasse, o occasionali e provvisorie, come l’assunzione di nuovi debiti, non faceva grande differenza, almeno fino a quando i risparmiatori di tutto il mondo hanno iniziato ad esprimere qualche perplessità sul fatto che l’Italia fosse in grado di restituire una montagna di debiti sempre più alta.
Ma il motivo per cui ci si appassiona ai bilanci preventivi pubblici è che le previsioni di uscita sono autorizzatorie, se nel capitolo di uscita “carta igienica” viene iscritta la cifra di un milione, il giorno dopo che il bilancio è approvato un dirigente pubblico è autorizzato a comprare un milione di carta igienica. E’ facile immaginare come sul lato delle uscite le previsioni sono facili ad “autoavverarsi”.
Le previsioni delle entrate sono invece probabilistiche: si prevede che i cittadini pagheranno un certo ammontare di tasse, che i risparmiatori sottoscriveranno un certo ammontare di titoli di debito pubblico, etc. ed è più difficile che si “autoavverano”. I Ministri e gli Assessori al Bilancio sono normalmente odiati dai loro colleghi che si occupano solo di uscite, perché cercano di non fare previsioni troppo fantasiose in materia di entrate e così raramente hanno carriere politiche di successo. Sono le spese pubbliche a creare consenso e successo elettorale.
Fatto sta che i bilanci preventivi pubblici sono fatti di entrate incerte che si prevede di incassare nell’anno e di uscite certe che si prevede di pagare nell’anno. I bilanci prevedono anche entrate ed uscite dei due anni successivi ma, poiché l’incertezza sulle entrate aumenta più sono lontane nel tempo, non sempre i capitoli di uscita degli anni successivi possono essere utilizzati (autorizzati).
Le regole dei bilanci pubblici sono diventate sempre più severe perché gestioni allegre hanno creato buchi di bilancio posti a carico delle generazioni future, anche oltre il debito pubblico ufficiale. E’ anche giusto, peraltro, che il legislatore di oggi non impegni tutte le entrate che dovrà amministrare il legislatore di domani.
Il rigore introdotto nei conti pubblici però rischia di essere incompatibile con le regole dei bilanci europei che, come abbiamo visto, hanno un respiro ufficiale di 6 anni estendibile, nella pratica, a 9 anni.
Per finanziare un progetto, infatti, è necessario avere un capitolo di uscita autorizzato e che abbia capienza per l’intero importo del progetto ed abbiamo visto come sia sostanzialmente impossibile, nel caso delle opere pubbliche, che queste vengano progettate, aggiudicate, realizzate ed integralmente pagate in un anno. Questo respiro pluriennale non vale solo per le opere pubbliche ma un po’ per tutti i progetti “importanti” come quelli rimborsabili dai Fondi europei che infatti e non per puro capriccio, si chiamano “strutturali”.
Con la recente riforma cd. “armonizzazione” dei bilanci pubblici, si sono eliminati degli autentici mostri contabili come l’accumulo dei cd. “residui” attivi e passivi che erano spesso arrivati a valere più del totale del bilancio stesso, ma con l’acqua sporca si rischia di buttare anche il bambino, rendendo sostanzialmente impossibile gestire una programmazione pluriennale (figuriamoci se esannuale).
Con l’armonizzazione dei bilanci pubblici si è stabilito che gli impegni di spesa assunti negli anni precedenti e non pagati devono essere riconfermati espressamente in ogni nuovo bilancio preventivo.
Però non è stato previsto che questi stanziamenti devono essere automatici, coperti dall’avanzo di gestione che si deve generare automaticamente quando le entrate corrispondono alle previsioni e invece delle spese sono rinviate negli anni successivi, ma devono trovare capienza nei nuovi stanziamenti decisi dalla Legge di Bilancio o di Stabilità che dir si voglia.
L’ idea fondamentale dell’armonizzazione dei bilanci pubblici doveva essere quella che le risorse erano assegnate a finalità (cd. Missioni e Programmi), avvicinandoci agli standard della programmazione europei ed occidentali, e lasciando alla politica il ruolo di indirizzo ma sottraendole le decisioni sui singoli progetti o, peggio, sui singoli soggetti da finanziare.
Ovviamente ai politici non piace dire che si stanno onorando gli impegni già presi invece che finanziare mirabolanti loro nuove iniziative e così ad ogni nuova legge di bilancio cercano di inserire i loro progetti più cari, anche a rischio di sottrarre risorse già attribuite a quelli già avviati e compresi in una programmazione pluriennale. D’altra parte è almeno 20 anni che i 23 parlamenti italiani generano e rigenerano le cd. leggi mancia, sia pure tacciate di incostituzionalità e senz’altro strumento di clientelismo e sconclusionati elenchi di progetti di cui è impossibile verificare l’efficacia.
Si genera così una incertezza generale che sfavorisce gli interventi importanti e strutturali e che, per loro natura, hanno un profilo di spesa pluriennale.
E’ facile immaginare che di fronte queste nuove rigidità dei bilanci pubblici, le Autorità di Gestione risponderanno “parcheggiando” le uscite in qualche Ente o Società in house, rispettando così formalmente le uscite per cassa previste dai bilanci ma senza generare quelle fatture quietanzate che danno diritto ai rimborsi del bilancio Europeo.
Abbiamo forse ridotto l’accumulo di risconti fuori controllo ma altri mostri contabili si profilano all’orizzonte.