I Fondi Strutturali sono gestiti sulla base di un cd. “Accordo di Parternariato” tra Italia ed Europa e di 74 cd. “Programmi Operativi” (cd. PO) tra Europa e Regioni ed alcuni Ministeri.
L’Accordo di Partenariato per il 2014-2020, che l’Europa inizialmente voleva chiamare “contratto”, consta di 904 pagine (721 pagine più le 183 pagine dei suoi 4 allegati) e ciascun Programma Operativo, 60 per le Regioni e le Provincie autonome (cd. POR) e 14 nazionali (cd. PON), consta in circa 150 pagine.
I POR sono normalmente tre per ciascuna Regione, uno per ciascuno dei Fondi Strutturali: FESR – Fondo Europeo di Sviluppo Regionale, FSE – Fondo Sociale Europeo e FEASR – Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale. Nel ciclo 2014-2020 le regioni Calabria, Molise e Puglia hanno accorpato FESR e FSE in un unico POR, per questo i POR non sono 63 (3 per ciascuna delle 19 regioni e per le 2 provincie del Trentino e dell’Alto Adige) ma “solo” 60.
Si tratta complessivamente, quindi, di circa 12.000 pagine di un contratto che sostanzialmente prevede le seguenti obbligazioni tra le parti:
- l’Europa si impegna a rimborsare all’Italia (come articolata tra Regioni, e Ministeri) 31 miliardi;
- l’Italia si impegna a presentare fatture quietanzate per circa 62 miliardi entro determinati tempi, che riguardino “cose” comprate nel rispetto di una serie di obiettivi e in una serie di azioni previste in queste 12.000 pagine, i regolamenti comunitari specifici dei Fondi Strutturali, quelli esecutivi e delegati ivi previsti e la regolamentazione comunitaria di settore ivi richiamata (qualche altra migliaia di pagine).
I cittadini, ma spesso anche i loro rappresentanti politici, non hanno affatto partecipato alla scrittura di questo contratto e anche avessero la pazienza di leggersi un po’ di pagine è lecito dubitare possano capirci qualcosa. Una stretta élite di iniziati, forse non più di 100 in tutta Italia, può avere una certa visione di insieme.
Il bello è che l’Europa ci ha fatto scrivere le nostre 12.000 pagine di impegni nei loro confronti, tra il 2013 ed il 2014, in relativa libertà! Siamo noi che abbiamo creato gran parte dei vincoli a cui ci siamo assoggettati per incassare i 31 miliardi del bilancio europeo che ci spettano entro il 2023.
E come se il padrone di casa permettesse ad un inquilino di scriversi il contratto di affitto da solo, e l’inquilino prevedesse che non può mettere la musica alta dopo le 20 di sera, che non può subaffittare a turisti, che gli va elevata una multa se lui o un suo ospite lasciano un mozzicone di sigaretta sul pianerottolo, etc.
Tutte previsioni civili ed anche condivisibili ma un avvocato, anche alle prime armi, consiglierebbe all’inquilino di aspettare che sia il padrone di casa a chiedere di inserirle in un contratto di affitto, lesto a chiedere qualcosa in cambio.
Il problema è che il contratto è stato scritto dall’Italia da almeno le 81 amministrazioni titolari dei PO oltre che dai tre ministeri “capofila”: il Ministero dell’agricoltura per i PO FEASR (cd. Piani di Sviluppo Rurali – PSR), il Ministero del lavoro per i PO FSE e il Dipartimento per le Politiche di Sviluppo e Coesione (DPS) per i PO FESR.
Ciascuno di questi 81 scrittori, a sua volta risponde ad una pluralità di Assessori, Direttori, Capo Uffici, etc., tutti impegnatissimi ad infilare nelle 12.000 pagine, a cui ci siamo impiccati per i prossimi 8 anni, una parolina che identificava un progetto di loro interesse, a mettere un cappello su una sedia per un futuro stanziamento.
L’inserimento lavorativo degli ex detenuti è una questione nobile ed importante e non si vuole sostenere che non vada fatta, qui si vuole solo sostenere che bastava impegnarsi con l’Europa ad inserire i “soggetti svantaggiati” nel mondo del lavoro. Se poi nei prossimi 8 anni questi soggetti erano un po’ più ex detenuti, piuttosto che rifugiati, giovani, donne, esodati, cassaintegrati potevamo deciderlo da soli, anche a seconda di quello che succede.
Nel 2013 non fu previsto che a qualche chilometro dalle nostre coste un paese esplodesse e per i rifugiati provenienti dalla Libia probabilmente servirà qualche Euro in più, rispetto a quelli precedentemente previsti e ora scolpiti nei nostri contratti con il bilancio europeo.
E lecito dubitare che in altri Stati membri le anche legittime aspettative ed interessi delle varie Pubbliche Amministrazioni, vengano cristallizzate con altrettanta evidenza nei contratti con l’Unione Europea, perdendo così gradi di flessibilità nell’uso (di medio periodo) delle risorse del bilancio europeo che ci spettano.