10. Risconti pubblici (da “Perché non sappiamo prendere i fondi europei”)

Non è semplice spiegare le mostruosità prodotte dal sistema di contabilità pubblica. Un esempio può aiutare, anche se rimane inevitabile qualche tecnicismo (chi vuole può saltare questo paragrafo).

Finalmente il nostro solito Comune riesce a farsi iscrivere nel bilancio regionale dell’anno 1, l’agognato finanziamento di un milione di euro per costruire la nostra solita piscina. Il dirigente regionale preposto può così assumere un impegno contabile di spesa per un milione nel bilancio regionale. Il Comune, di conseguenza si può iscrivere tale finanziamento come entrata ed uscita del proprio bilancio ed avviare la progettazione della piscina, assumendo un impegno contabile e contrattuale di 50.000 Euro nel proprio bilancio dell’anno 1 nei confronti del progettista.

Al termine dell’anno 1 però nessuno sguazza ancora nella nuova piscina, non sono state ancora ottenute tutte le necessarie autorizzazioni ed è ormai chiaro che anche la sola progettazione, nel migliore dei casi, si concluderà nell’anno 2. Nei bilanci previsionali dell’anno 2 la Regione iscrive il milione “promesso” al Comune nei “residui passivi” ed il Comune registra un milione sia come “residuo attivo” che come “residuo passivo” (entrate ed uscite di competenza dei bilanci precedenti). Ciò pur sapendo entrambi che i pagamenti alla ditta aggiudicataria dell’appalto, che si potrà fare solo a progetto approvato, saranno nell’anno 3 o oltre.

Nemmeno un euro delle preziose entrate previste per l’anno 1 nel bilancio regionale è stato quindi effettivamente speso nell’anno 1. Il bello, però, deve ancora cominciare! La Regione infatti può non stanziare nel suo bilancio di previsione dell’anno 2 il totale dei residui passivi ma solo la percentuale di questo totale che immagina di dovere pagare effettivamente nell’anno 2, ad esempio il 20%. Il Comune, invece, poteva avere una diversa opinione: ritenere di incassare tutto il milione nell’anno 2 e iscriversi l’intero importo come entrata del bilancio.

Già nell’anno 2 abbiamo quindi due bilanci pubblici che non quadrano, la Regione aveva iscritto 200.000 Euro come sua spesa per la realizzazione della piscina e il Comune 1.000.000 di Euro come incasso da parte della Regione e come spesa nei confronti dei fornitori per la realizzazione della medesima piscina.  Si noti che questi importi, oltre ad essere diversi, sono, inoltre, tutti e due sbagliati! Il Comune nell’anno 2 deve pagare solo 50.000 Euro ed altrettanto la Regione, se procede per rimborsi.

Immaginate quali mostruosità si generavano dopo vari anni, spesso nei bilanci delle Regioni si accumulavano “debiti presunti” per “cose” che i beneficiari non avevano più intenzione di realizzare, che avevano realizzato in altro modo o che avevano realizzato per importi minori. In mancanza di un Codice Unico di Progetto, da tempo previsto ed usato per i Fondi Strutturali ma solo da poco per il resto della spesa pubblica, inoltre, chissà quante volte abbiamo pagato più volte la stessa cosa con diversi bilanci pubblici!

L’unico rivolo della spesa pubblica dove questo non succedeva erano i Fondi Strutturali. Siccome a Bruxelles si devono portare in tempo le fatture quietanzate del progettista e della ditta che ha realizzato la nostra solita piscina, l’Autorità di Gestione non può assegnare un finanziamento ed aspettare sine die che il beneficiario maturi il diritto al pagamento, deve sempre sapere a che punto si è, e deve fissare delle scadenze che se non rispettate determinano la revoca del finanziamento.

Per questo il sistema di contabilità pubblica in vigore fine al 2013 esentava i Fondi Strutturali dal gioco perverso dei residui attivi e passivi, questa esenzione era bilanciata dal sistema di monitoraggio extracontabile previsto dalle regole della Programmazione Europea, che non si ferma a livello del bilancio dell’Ente Pubblico ma insegue i rapporti giuridici che si istaurano a valle, fino alle “cose” da fare. D’altra parte, fino a che si sta nei termini, il rimborso europeo coincide temporalmente con la spesa, se questa avviene nell’anno 2 invece che 1, anche l’incasso avviene nell’anno 2 invece che 1.

La cosiddetta armonizzazione dei bilanci pubblici, iniziata nel 2013, è stata una riforma necessaria ma è stata anche una opportunità persa per armonizzare i nostri bilanci con quello europeo e con i modelli delle imprese private, e così prevedere regole appropriate per realizzare anche quegli interventi importanti che hanno un profilo pluriennale e che scavallano i bilanci annuali e ben possono scavallare più legislature.

In particolare si è persa l’occasione per conoscere se un impegno di spesa di un bilancio pubblico è rimasto, nell’anno successivo: (i) una intenzione; (ii) ha visto l’avvio di un processo di selezione dei progetti che sia pure in corso a generato delle legittime aspettative (“Procedure In Corso – PIC” nel gergo della Spectre); (iii) ha portato a contratti vincolanti con soggetti terzi rispetto la Pubblica Amministrazione (“Impegni giuridicamente Vincolanti – IGV” nel gergo della Spectre) o (iv) è diventato vero e proprio debito nei confronti dei terzi che hanno adempiuto a quanto previsto nei contratti. Una catena quella che passa dagli stanziamenti di legge agli effettivi pagamenti finali, lungo la quale spesso si perde anche la notizia che dei soldi sono stati risparmiati, tanto più quando nella catena intervengono diversi soggetti pubblici, società controllate comprese.

Queste sono tutte informazioni gestite dai sistemi di monitoraggio dei Fondi Strutturali, e potevano e possono essere incorporate in un sistema di bilancio capace di gestire Programmi e Progetti in un’ottica pluriennale, con la giusta quanto controllata flessibilità a tal fine necessaria. Informazioni comunque interessanti per uno Stato che spesso non sa nemmeno quanti debiti ha effettivamente nei confronti dei fornitori (e di quali) e per i cittadini che volessero informarsi su cosa sia stato veramente realizzato dalle autorità pubbliche di tutto quel ben di dio annunciato negli anni precedenti.

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